Le radici della nostra civiltà affondano senza dubbio nel mondo classico dell’antica Grecia e Roma. In particolare è stata in effetti quest’ultima a rimodellare e diffondere in tutto l’Occidente che oggi chiameremmo “latino” le ricche nozioni della cultura greca ed ampi aspetti della loro mentalità. Non è questa la sede per discutere la continuità di pensiero tra la Grecia macedone e la Roma repubblicana, ma risulta sempre più evidente dagli studi archeologici come sin dalle sue origini monarchiche Roma abbia sempre attinto a piene mani dalla ben più antica e ricca cultura greca, in particolare grazie al rapporto con le polis della Magna Grecia.
Focalizzando la nostra attenzione su Roma, e nel dettaglio sul periodo tardo repubblicano e del primo impero, è interessante notare come proprio a questo periodo risalgano i primi esperimenti di imprenditoria funebre. Nello specifico parliamo della costruzione dei cosiddetti colombari, ovvero strutture architettoniche nate per inserire nelle pareti i loculi destinati ai defunti. L’esigenza di strutture simili era data dalla necessità legale di seppellire i cittadini al di fuori delle mura, come era prescritto dalle leggi delle XII Tavole. Un esempio chiarificatore in tal senso è il Colombario di Porta Latina, una struttura imponente risalente al I secolo d.C. divisa in più sezioni riguardo alla quale possediamo una ricchissima documentazione epigrafica. Come risulta infatti dalle iscrizioni, questa struttura fu finanziata da 36 soci, che sotto la guida di 2 amministratori presiedettero alla costruzione. I loculi ricavati all’interno di questa ampia struttura erano divise in 5 file di 36 nicchie ciascuno e furono poi assegnati casualmente attraverso il sorteggio: un loculo vicino a terra aveva infatti un maggiore valore data la sua più rapida visibilità e la facilità di accesso per attuare i riti prescritti dalla religione romana. In alcuni casi taluni loculi venivano addirittura tenuti da parte per un socio che aveva deciso di investire maggiormente per avere una tomba di maggior rilevanza.
Questo tipo di tombe era piuttosto comune in età romana per quanto riguarda gli ambienti cittadini ad alta densità demografica e soprattutto per i meno abbienti. Infatti il ceto dominante spesso preferiva costruire al di fuori delle mura strutture dedicate alla sua sola famiglia (in un senso allargato che include in essa anche liberti e schiavi) che potevano poi ancora notevolmente variare per ricchezza di decorazioni e dettagli. Un celebre esempio è quello del Satyricon di Petronio all’interno del quale è descritta con dovizia di particolari la tomba di un liberto mostruosamente arricchito di nome Trimalcione. La tomba, proprio come il personaggio, non è ovviamente mai esistita, ma rappresenta una testimonianza fondamentale sul gusto e le tendenze durante la dinastia Giulio-Claudia.
La struttura del colombario è molto simile a quella dei cimiteri attuali, che dopo la parentesi medievale, hanno riscoperto la necessità di dare riposo in poco spazio a quante più persone possibili.

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